a cura di Giuseppe Vetromile
“Credo che la Poesia aiuti a transitare nell’esistenza, renda meno difficile il contatto tra esseri umani, permetta di avvicinarsi con minore sofferenza alla realtà della morte, lascia ardere perenne in noi la fiamma musicale della Natura. Credo fermamente nella poesia civile, praticata dal poeta e dagli amanti della poesia. Credo che la poesia costituisca la stanza illuminata dagli affetti e dai ricordi nell’anima di ogni essere umano, per l’eternità.“
Così scriveva Vincenzo D’Alessio presentando, nella sua introduzione – quasi una dichiarazione di poetica – al libro “La valigia del meridionale ed altri viaggi” (Fara Editore, 2012). Il poeta irpino, di origini solofrane, è mancato all’affetto dei suoi cari e nostro nello scorso mese di aprile, lasciandoci tutti costernati e addolorati.
Lo vogliamo ricordare qui, in questa rubrica, proponendo alcuni versi tratti dal libro già citato. Vincenzo è stato un poeta molto impegnato, non limitandosi a scrivere per sé ma prodigandosi per la diffusione della poesia e della cultura in genere, negli ambiti scolastici come in quelli sociali, specialmente tra i giovani, e fondando circoli ed associazioni culturali, come il Gruppo Culturale “Francesco Guarini”. Laureato in materie letterarie all’Università di Salerno, è stato un fine critico, giornalista e organizzatore di Premi Letterari importanti, come il “Città di Solofra” e il “Cluvium” di Calvanico (Sa).
La sua poesia è dolce e incisiva nello stesso tempo, e tocca temi sociali ma anche quelli della memoria e della propria terra d’origine, dura e solare.
Lo scoglio
Mi ritrovo più solo di uno scoglio
in piedi, in mezzo alle correnti
un’inutile lotta per emergere
ad ogni notte ritorna la marea,
felice chi è se non il mare
padrone di mille e più confini
ad altri Dio cela il suo destino
e fissi guardiamo senza fede.
Oggi l’inganno è lievito della terra
il marchio primitivo sottopelle.
Fuggire, capire, forse anche morire
vicino ad una mano che ti sfiora.
***
Il Sud ha sapori
di ruggine e tradimenti
del poco lavoro della sofferenza
Figli lontani dal sole
nelle nebbie tristi di torpore
La terra è l’usignolo
che scompare d’inverno e torna
nelle notti dell’amore a cantare
dietro l’uscio degli uomini
Quando potremo riposare?
Terra rimasta vera
solo nei pensieri miei.
***
A mio figlio Antonio
Ti sono mancato come padre
me ne vergogno ancora
avrei potuto fingere negli anni
resistere al male degli uomini
Non me ne volere figlio
non potevo restare al suolo
nell’egemonia blanda dell’ipocrisia
Sono come te un bambino nuovo
che vuole vivere verità e poesia
Siamo fili di speranza lieve
che si apre al mondo clandestina
Sotto il cielo spero che da padre
mi ridonerai la vita.
***
Noi siamo la terra
che grida dalle sue radici
tormento infaticabile
cemento calato nelle viti.
Siamo soli a sollevare nel vento
il richiamo al falco pellegrino.
Siamo soli a chiedere perdono
alla memoria ferita.
***
Quando non sarò con voi
recitate i versi al vento
li trasporti ai sordi
alle cime innevate di settembre
affidateli agli uccelli
che vincono malinconie
scioglieteli sui muri nell’inverno
al filo rosso delle periferie.
Vincenzo D’Alessio, nato a Solofra 1950, viveva a Montoro (AV). Laureato in Lettere all’Università di Salerno, è stato l’ideatore del Premio Città di Solofra e fondatore del Gruppo Culturale “Francesco Guarini”. Ricordiamo alcune opere poetiche pubblicate con Fara: La valigia del meridionale e altri viaggi (2012, 2016); Il passo verde (in Opere scelte, 2014), La tristezza del tempo (in Emozioni in marcia, 2015) e Alfabeto per sordi in Rapida.mente, 2015) poi in appendice a Immagine convessa (2017); Dopo l’inverno (2017, II class. al Faraexcelsior, III premio del Concorso “Terra d’Agavi 2018”, segnalata al Premio “Civetta di Minerva”, finalista al Premio “Tra Secchia e Panaro” 2018); Nuove anime (2019). Nel 2018 ha pubblicato i Racconti di Provincia.