a cura di Giuseppe Vetromile
Per il secondo appuntamento della rubrica “La scansia poetica di RPlibri”, desidero proporre i versi di un grande poeta napoletano dell’ultimo novecento, che purtroppo come tanti altri amici “colleghi” ha operato per tantissimi anni ma senza mai aver ottenuto quella notorietà, o per meglio dire quell’ “ufficialità” in ambito nazionale che avrebbe meritato, pur avendo prodotto tanti libri e vinto moltissimi premi letterari importanti. Parlo di Rosario de Crescenzo, squisito poeta napoletano che si è distinto per la sua lirica attenta e formale, per i contenuti forti e importanti che spaziano dall’osservazione della natura alle riflessioni sul senso dell’esistenza, dal canto universale alle considerazioni sul sociale e sul lavoro in fabbrica, avendo egli svolto la sua professione in ambiti industriali. Rosario de Crescenzo fa parte di quella lunga schiera di poeti impegnati, ma “dimenticati” dopo la loro scomparsa. Ma la loro poesia rimane e rivive con noi.
Monte Faito
Anche quassù la roccia
aspra e tagliente
nasconde le ferite in ampi verdi
in boschi silenziosi, in ombre estese.
La pineta rifrange sulle cime
le onde di calura
e un venticello
viene a filtrare l’afa tra il fogliame.
E tu scopri i dirupi
il calcare franante esposto al salso
tormentato dai venti, macinato
in sabbia di stagioni.
Come questa che brucia
quietamente
aspettando d’incidere una ruga
più profonda nel monte.
Verrà la neve;
questi nostri passi
saranno qui esistiti senza impronta
ed è sterile d’echi
questa voce
che dice l’Infinito
lentamente
sentendosi morire insieme al giorno.
(Da “Terra di lusinghe”, 1983)
Identità
Un rabbuffo di vento
preme ai vetri
e scuote la serranda. Scroscia piena
l’acquata e la tristezza
colora solitudini sui veli
aperti della tenda,
appena mossi.
Era identica a questa
quella sera
che non volemmo dirci
altro che addio.
Dimenticammo i passi e le parole
del cammino più lieto
e lasciammo alla polvere la cura
di seppellire ceneri grà fredde.
Chiudemmo le ferite
con le argille
di fanghi avvelenati.
E fu il silenzio
il nostro essere vivi oltre l’amore.
Scroscia piena l’acquata
e il vento scuote,
discreto, la serranda.
Come se tu battessi alla finestra
per entrare a colmare questo vuoto.
(Da “Partiture”, 1984)
Lutto
Con Mimmo sono cinque
ad andarsene giovani,
per sempre!
L’accidente
beffardo, imprevedibile, ribelle
ha insolenza d’ingiuria.
Questa vita
vissuta insieme
a lungo
fianco a fianco
qui sgocciola sudori e si dissecca
lasciando la ferita dei ricordi
al consumo degli anni.
Per il resto
il pezzo nuovo è già negli scaffali
e la macchina corre
senza soste
perdendoci per strada.
Inutili domande, le parole,
non saprebbero battere alla porta
del silenzio perenne.
Di noi tutti
certo il destino è scritto
nel granello di sabbia
in riva al mare.
E l’onda viene
e sceglie
e poi ritorna
e scioglie
e lega
nodi d’alghe verdi.
Numero 6181
Anche oggi ho timbrato. Un altro giorno
segnato con il marchio degli archivi.
Vediamo, dunque…
il sessantunottanta s’è infilato
(al solito) al mio posto.
Un po’ di spazio
è sempre una conquista da cintare.
Qui
neppure se ne accorgono che esisti.
Se qualcosa
succede dentro o fuori
mai che riguardi i numeri. Persino
la cartelliera è grigia. Mezze tinte
e toni opachi aiutano il piattume
a scivolare indenne
sopra falsi problemi, tra le fredde
stupidità di norme-astruserie.
Tutto in regola, certo, da trent’anni.
Seicentottanta
quindicinali zeppi di presenze
e trecentonovanta
stipendi percepiti. Sei orologi
sono andati a rottame; nel frattempo
lavoro e scalo i vuoti
mentre in coda
la fila più si allunga: mi avvicino
ai primi posti. Un giorno sarò fuori:
non resta che aspettare.
Ma intanto ho nostalgia
dei colori nascenti nei mattini
che ritrovo all’uscita spappolati
sui cirri del tramonto.
Sono colati sopra i muri spogli
della momoria senza disegnare
un briciolo di luce. Solo a sera
il possibile affaccia le sue stelle
e disperde il mio numero nel vento.
(Da “Il diario di Luca”, 1986)
Rosario de Crescenzo è nato a Napoli il 9 maggio 1927. Dal 1947 al 1982 ha svolto mansioni direttive presso un’Azienda metalmeccanica di Napoli.
Nella sua lunga carriera letteraria ha conseguito più di 500 significativi riconoscimenti, dei quali oltre 90 sono stati i primi premi.
Tra i componenti delle Giurie dei concorsi vinti figurano nomi prestigiosi del mondo letterario contemporaneo, come Elio Filippo Accrocca, Giorgio Bàrberi Squarotti, Piero Bargellini, Libero Bigiaretti, Carlo Bo, Giorgio Caproni, Antonio Donat Cattin, Giuseppe Giacalone, Massimo Grillandi, Margherita Guidacci, Luciano Luisi, Mario Luzi, Giuliano Manacorda, Walter Mauro, Leone Piccioni, Mario Pomilio, Domenico Rea, Gaetano Salveti.
Presente in numerose antologie e riviste specializzate, ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche:
Rivoglio la speranza (Ed. Presenza, 1976), Stagioni addormentate (Grafedit, 1976), Imperfetti per favole (Terza Pagina, 1977), La stagione perduta (Astarte, 1981), Terra di lusinghe (Ed. Blue Team, 1983), Partiture (E. Velardi, 1984), Ascoltando silenzi (E. Velardi, 1985), Quotidiano databile (Seledizioni, 1986), Il diario di Luca (T. Marotta, 1986), Il respiro del tempo (T. Marotta, 1987), Sugli approdi dell’eco (T. Marotta, 1988).
Rosario de Crescenzo è stato poeta universale perchè il suo discorso riguarda l’uomo sotto qualunque latitudine di tempo e di luogo, perchè la magia dei suoi scritti è uno specchio in cui ognuno cercandosi troverà l’immagine della sua anima. Il ritmo dei suoi versi, la fresca sensibilità che si schiude in deliziose impennate e in trasparenze serene, trovando sbocchi lirici di alta scuola, è un patrimonio del mondo e nasce da una concezione poetica di universalità, unita al magistero di una sensibilità espressiva ricca di sfumature, di immagini che hanno il respiro stesso della vita (Francesco Mannoni).