a cura di Giuseppe Vetromile
Iniziamo qui una nuova avventura letteraria, grazie alla disponibilità del Sito RPlibri di Rita Pacilio che ci ospita. Si tratta di una “vetrina” poetica, tramite la quale proporremo ai lettori autrici e autori di rilievo del panorama letterario nazionale, pubblicando qualche breve riflessione sulla loro attività poetica, in particolare, e alcuni brani inediti o anche editi, citandone la fonte. In questa “scansia” non mancheranno anche autori importanti dell’ultimo novecento, da proporre per rinvigorire il loro ricordo e per mantenere sempre saldo il robusto filo della storia poetica che ci unisce e al quale è sempre opportuno fare riferimento.
Abbiamo scelto come prima autrice della “Scansia” Vanina Zaccaria, in considerazione della sua luminosità poetica, specialmente di questi ultimi tempi, e del suo proficuo impegno nella ricerca e nello studio della materia poetica contemporanea.
Presentiamo, di Vanina Zaccaria, alcuni testi citandone la fonte, in attesa di leggere il suo primo libro appena pubblicato da RPlibri, intitolato Non si muore di notte.
Di reti e di verbasco è la composizione chiave che, a mio avviso, ha permesso ad una giovanissima Vanina Zaccaria di “entrare” nell’impegnativo e caleidoscopico mondo della poesia, essendosi distinta proprio con quella lirica in una delle prime edizioni del Concorso Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”. Gli esordi erano ottimi, e i semi letterari che la nostra autrice coltivava fin da piccola nel suo intimo, hanno e continuano tuttora a germogliare opere letterarie e poetiche pregevoli e di grande impegno. La poesia è un percorso difficile e necessita di sacrifici in termini di tempo da dedicare, di ricerca, di studi e di confronti, ma rappresenta anche il completamento della persona che vuole attuare e realizzare la sua vita considerando anche l’aspetto creativo che è fortemente impresso in ognuno di noi. Vanina Zaccaria lo sa benissimo, e non ha lasciato inaridire, nel corso dei suoi ancor giovani anni, questo talento insito e impellente, anzi, come dicevo, l’ha sempre coltivato aggiungendo frutti preziosi alla sua creatività e al suo ingegno. Ora la nostra poetessa ha raggiunto traguardi significativi nella materia poetica, divenendo, oltre che creatrice di ottimi versi, anche eccellente studiosa della Poesia, e non solo, sia classica, sia contemporanea, sia anche straniera, con particolare riguardo a quella greca e a quella russa.
Di Vanina Zaccaria proponiamo dunque i seguenti tre testi poetici.
Di reti e di verbasco
Aveva gli occhi delle filatrici
persi in qualche inizio di ricamo o in un nodo non riuscito
la vita ha strozzature che non ci passa mai
neanche l’ago del bel tempo
e le tortore tornano con un canto di stagione non finito
ai loro richiami d’amore notturno
mentre io resto sotto i fili elettrici del palio cittadino
che sono colombiere nel grigio
e metto un sorriso di dolore sull’inizio del giorno.
Da una distanza di cui non ho memoria
venni come chi ha girato a lungo per un continente vuoto
e si porta ancora appesa al collo la borraccia col ricordo della sete
e tutti i ninnoli che ho perso si sono sistemati nelle baracche di paese.
Come merce venuta da lontano e che nessuno riconosce.
La nostalgia è il peso migliore che porto sul petto
e lascio che la vita entri spesso a farmi visita…
ci sono ancora i giochi d’aria dei gabbiani
a fare ronda sui mercati sotto vento
e Venezia elargisce le sue bramosie di donna
dalle maniche a sbuffo di Rialto…
le luci di posizione continuano a dire del mare
manifesto d’azzurro, che non si scorda, non si scorda…
E allora io
mani messe alle tempia
a domandarmi un perché povero di sole
l’ultimo, il meno fiero.
(Poesia vincitrice del 1° premio sezione “Giovani” alla VI Edizione 2008 del Concorso nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”)
La casa di paglia
Venimmo meno a molti giuramenti,
lo sapevamo bene ad ogni inizio del maggio.
Forse avremmo dovuto stringerci
fosse anche una mano magra
in un’altra mano magra
aspettando la fine dei venti.
Scrivi il mio nome su una busta per lettere,
non spedire adesso
fallo quando mi diranno morto
in un quieto pomeriggio d’ottobre.
Forse bastava una carezza, una preghiera, un abbraccio di arresa
quando con espressione assente mi indicavi l’Europa
e giuravi di non averne colpa.
La casa di paglia che avevi animato col tuo animo lieto
ti è crollata addosso.
Adesso sembri la guerra quando si annuncia senza parole
ma soltanto col fuoco
adesso sembri il filo spinato, la polvere, gli stivali zozzi
e la fossa.
La casa di paglia dove mi invitasti ad entrare
mentre fuori le spighe mettevano il grano
ti è crollata addosso
adesso sembri l’esilio, il naufragio e lo scandalo.
Siamo gente raminga, senza riposo
forse speranza, forse, forse la pace, ancora
è possibile?
Te lo domando, la casa di paglia
tu che ricami lettere sulla mia fronte bagnata
non era febbre
la mia malattia, non era febbre
c’è un rimedio in fondo alla strada
se mi avvio con passo deciso ritienimi in torto
e trovane un altro.
C’è una busta per lettere, cambiaci il nome
perché non mi dicano morto, perché non dicano altro.
(Da ClanDestino 25/3/17, https://www.rivistaclandestino.com/)
Argo
L’assalto avverrà da dietro
sorprenderà la fanciulla umida,
la fanciulla deposta come l’agnello
Il reato del padre
nega il seme alla terra
una intera stirpe si strazia nel vincolo del sangue
Piegano verso il mare le lente piroghe
la patria inconsapevole
attende immota il rientro degli eroi
Ci siamo venduti al vento un corpo di ragazza
ne abbiamo baciato le dita con intima vergogna
ne abbiamo scorto i seni bianchi
dibattersi alla corda
come blande meduse
trascinate dalla chiglia
La ragazza, nuda
dissepolta
come eco oscura
Non c’è bellezza senza elemosina
non c’è armistizio.
I piedi scalzi dei morti
alimentano la terra
il tempo, come una guaina
nasconde la lama.
(Da Ifigenia siamo noi, Antologia poetica curata da Giuseppe Vetromile, Edizioni Scuderi, 2014, con note critiche di Melania Panico e postfazione di Rita Pacilio)